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4 WAYS turismo

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FOUR WAYS Servizio per il turismo della Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello --- ENTRA NEL NOSTRO SITO...

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Arte Cristiana ed Annuncio del Vangelo

Natura storica e beni culturali


Le civiltà umane, come le singole comunità, nella loro storia di crescita, o decrescita, hanno profondamente modificato il dato naturale su cui vivevano, trasformandolo in “natura storica”, costruendo insediamenti, ricchi di architetture significative delle divinità, dei valori e del potere egemone, e opere a servizio della viabilità e delle attività produttive. La natura storica e i beni culturali sedimentati nel territorio sono come dei grandi libri di storia sociale e politica, di storia della cultura, della scienza e delle tecniche che, se saputi leggere, forniscono tante informazioni sul passato di una civiltà o di una comunità, per conservare viva la memoria dei singoli e delle comunità stesse.


La memoria storica è sempre stata una componente fondamentale nella vita dell’uomo e delle comunità, in particolare oggi che la nostra civiltà sembra vivere in un eterno presente, con una visione sempre più egocentrica ed individualista, soffocata dal materialismo e dal consumismo, nonostante da anni siamo dentro una grave crisi provocata dal nostro modo di vivere e di produrre.

Il recente documento degli orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana,  parla, riprendendo un pensiero di papa Benedetto XVI, di una grande emergenza educativa in Italia e di aspetti problematici della cultura contemporanea “come la tendenza a ridurre il bene all’utile, la verità a razionalità empirica, la bellezza a godimento effimero”.

La memoria storica può aiutarci a ritrovare la consapevolezza di chi siamo, in che contesto storico viviamo e dove stiamo andando, mettendo in evidenza i gravi rischi dovuti alla emergenza ambientale e ai crescenti squilibri fra i paesi dell’occidente, e le potenze emergenti dell’oriente e del sud, e tanta parte dell’umanità che vive sempre più nella povertà, priva del soddisfacimento dei bisogni primari e del riconoscimento di qualsiasi dignità umana.

I beni culturali hanno valenze plurime: oltre ad essere luoghi concreti di sedimentazione della memoria, sono grandi risorse  economiche, in particolare per il nostro Paese, dove  rappresentano la base, con la natura storica, del turismo, che è sempre più una fonte importante di occupazione e di ricchezza.

[…]

Nell’ultimo numero di prospettiva EP, Sergio Angori ha con efficacia trattato dei beni culturali, in particolare dei musei e delle biblioteche, come risorsa fondamentale per sviluppare, attraverso una “pedagogia del patrimonio culturale”, nuove forme di educazione, in particolare degli adulti, per una cittadinanza attiva, per una nuova democrazia sostanziale basata sull’ “esigenza di conoscere, di partecipare, di contribuire alla crescita della comunità di appartenenza”. Ritengo l’articolo un importante punto di riferimento metodologico per un progetto di nuova educazione e anche per l’utilizzazione dell’arte cristiana per una nuova evangelizzazione; lo studio è ricco di riferimenti bibliografici, a cui rimando.

 

Beni culturali cristiani


Nella storia sono esistite, ed esistono,  religioni che hanno usato le immagini per raffigurare Dio, con  forme antropomorfe o zoomorfe riprese dal mondo naturale, e altre che non le hanno usate, ritenendo impossibile e sacrilego raffigurare Dio, che  è totale alterità  rispetto al creato.

Il cristianesimo, fin dal suo inizio possiamo dire, si trovò di fronte a questo dilemma, provenendo dall’ebraismo, antica religione a-iconica con la quale aveva in comune quello che verrà detto l’Antico Testamento, ma trovandosi ad affermarsi, in particolare per l’opera evangelizzatrice di Paolo di Tarso, nel mondo classico, che aveva religioni iconiche, antropomorfe. Il dilemma, che poi tornerà in modo drammatico con la crisi iconoclasta, venne risolto riconoscendo in Gesù di Nazaret la vera icona incarnata del Padre. Significativo, a questo proposito, è il versetto che conclude il prologo dal Vangelo di Giovanni:

“Dio, nessuno lo ha mai visto:  il Figlio unigenito, che è  Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18).

Il tema viene ripreso nella prima lettera attribuita all’Apostolo:

annuncia ai suoi interlocutori il Verbo della vita, “la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi” (cfr. 1 Gv 1,1-3).

Gesù stesso, sempre nel quarto Vangelo, afferma, rivolto a Filippo: “Chi ha visto me, ha visto il Padre.” (Gv 14,9).

Significativo è anche uno dei versetti introduttivi della lettera agli Ebrei, che riassume l’intervento di Dio nel creato proponendolo come storia di una relazione, come  storia della salvezza, concetto teologico base dell’Antico Testamento:

“Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (…) Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,1-3).

Il Dio Padre di Gesù Cristo è un Dio che crea il mondo e lo vuole salvo: per questo intesse con il popolo di Israele una storia di amicizia basata su una alleanza, alleanza che nel Figlio incarnato verrà estesa a tutta l’umanità.

E la storia della salvezza, come tutte le storie, è costituita  da persone e da eventi, la cui memoria rimane scritta nell’Antico  e nel Nuovo Testamento. Dio nessuno l’ha mai visto, come sostengono gli ebrei, e gli islamici, ma il Figlio incarnato lo ha rivelato: e nel Figlio noi conosciamo il Mistero, del Figlio conosciamo la storia, sua e quella dei suoi amici, narrata dai Vangeli e dal Nuovo Testamento. E conosciamo anche le storie degli “eroi” della Chiesa, narrate dalla  letteratura agiografica degli atti dei Martiri e delle vite dei Santi.

L’arte cristiana figurativa nasce e si sviluppa per rendere visibile con gli occhi, che interpellano e rinviano alla mente e al cuore, il Mistero di Dio rivelato dal Figlio, per narrare la sua storia e quella dei suoi seguaci più importanti, gli Apostoli e i Martiri e per il culto.

Sappiamo che storicamente l’arte cristiana supera già nel V secolo il mimetismo classico attraverso il simbolo, che propone una realtà che va oltre l’immagine stessa, invitando i fedeli a contemplare la dimensione altra di Dio e del  suo Regno. Questo è il senso profondo dell’arte del primo millennio di storia del cristianesimo, a cui l’Ortodossia rimarrà sempre fedele. L’Occidente cattolico recupererà il mimetismo classico nel XIII secolo, con le scuole pittoriche fiorentina e romana, incominciando a narrare le storie del Cristo, della Vergine Madre  e dei Santi, dando luogo a eccezionali cicli pittorici e scultorei che si propongono come “bibbie dei poveri” che, non sapendo leggere, seguivano i concetti e le prediche attraverso le immagini.

Per secoli l’arte cristiana è stato il soggetto preponderante dell’arte dell’Europa occidentale e orientale, realtà superata, almeno in Occidente, dai movimenti artistici moderni e contemporanei, che percorrono le vie dell’astrattismo (potrebbe essere una nuova reinterpretazione del “simbolo”?) e dove i temi cristiani sono del tutto marginali. Il tema è complesso, si ricollega al crescente iato fra la Chiesa e la cultura iniziato con l’applicazione della Riforma cattolica tridentina e storicamente raffigurato nel suo inizio dalla persecuzione  a Galileo. Mi sembra significativo che ancora oggi, dopo il grande tentativo del Vaticano II di ricomporre questo iato, mettendosi in dialogo con il mondo contemporaneo, nonostante l’impegno della Chiesa con le “lettere agli artisti” degli ultimi Pontefici, i documenti della Pontificia Commissione per i Beni culturali e della CEI, le nuove chiese   e le opere di artisti contemporanei che contengono, oltre ad essere molto discutibili esteticamente e liturgicamente, non sono quasi mai all’altezza dell’arte cristiana dei secoli passati

. Ma questo grande tema non rientra nei limiti di questo articolo, che vuole proporre un cammino di annuncio del Vangelo attraverso l’arte figurativa ed architettonica storica, ed esula anche dalle mie competenze.

 

Arte e annuncio del Vangelo

 

Tutte le opere d’arte, figurative, musicali o letterarie, per essere comprese vanno collocate nel contesto storico-culturale che le ha prodotte. Le opere d’arte cristiane devono necessariamente avere anche una lettura teologica e biblica: sembrerebbe un dato scontato ma non lo è. Non solo le competenti Soprintendenze o gli storici dell’arte nei loro lavori, pur importanti e meritori, non richiedono questo tipo di lettura, ma non le propongono nemmeno  molte diocesi o parrocchie quando stimolano ricerche sui propri beni artistici e storici, spesso di eleganti formati ed interessanti ma incomplete.

Penso che l’atteggiamento migliore per comprendere fino in fondo un’opera d’arte cristiana sia quello della preghiera e della contemplazione: personalmente ho una importante esperienza fatta pregando di fronte al Crocifisso romanico dell’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata, contemplando il suo volto, ho fatto delle scoperte anche storico-artistiche che esperti del settore non avevano mai fatto

Ancora oggi molti musei d’arte sacra sono organizzati come semplici musei d’arte, non ricostruendo il contesto teologico e cultuale  che sta alla base delle opere esposte. Ad esempio: non posso porre sotto un’ ostensorio o un turibolo o un piviale semplicemente una etichetta con il nome, la data di esecuzione e il materiale, ma dovrò sinteticamente spiegare anche il loro uso liturgico, come dovrò spiegare le simbologie contenute nelle opere figurative ed architettoniche e i loro contesti scritturistici e teologici, per farle comprendere ai fedeli e ai fruitori del museo.

Ho letto con attenzione il recente documento della Conferenza Episcopale Italiana Educare alla vita buona del Vangelo, cercandovi una indicazione chiara per l’utilizzazione dei beni culturali ecclesiastici per la catechesi e l’annuncio del Vangelo. Il documento è ricco di analisi e di proposte, ma su questo tema non fornisce precise indicazioni.

La Chiesa, le  diocesi, le parrocchie e gli ordini religiosi si ritrovano  un immenso patrimonio culturale, sempre più difficile da gestire visto la diminuzione dei preti e dei religiosi. Questo patrimonio rischia di diventare un peso enorme per le comunità cristiane: ritengo che siamo di fronte ad una vera e propria emergenza. Al tempo stesso i beni culturali cristiani possono essere un terreno fondamentale e fecondo per il dialogo con la cultura, con gli uomini e le donne del XXI secolo e possono essere una vera e propria via per l’annuncio del Vangelo e strumenti per momenti di preghiera e meditazione. Non ritengo di dire novità, pensando anche a significativi interventi di alcune diocesi. Si potrebbe innescare un circolo virtuoso di utilizzazione culturale e pastorale delle opere d’arte, che favorisca la comprensione della loro importanza per le comunità cristiane e quindi stimoli la loro conservazione e tutela.

La nostra è, da decenni ormai,  una civiltà delle immagini, che sono  alla base anche della nuova era della comunicazioni informatica, e quindi l’uso dell’arte cristiana per l’annuncio del Vangelo è un tema di stretta attualità. Il problema è che la nostra cultura non riesce più a comprendere il senso ed il significato dell’arte del passato e quindi sono necessari appositi strumenti e operatori culturali che ne ripropongano il senso. Va ricordato che queste opere stimolano non solo un approccio razionale ma anche emotivo, sentimentale ed estetico, cioè possono coinvolgere la persona nella sua totalità.

La bellezza del creato e la bellezza prodotta dall’uomo, in particolare le opere d’arte, sono sempre state e possono essere ancora oggi una via importante per arrivare alla Bellezza che è Dio.

Personalmente ho una interessante esperienza di gruppi di ascolto del Vangelo, dove ho utilizzato anche opere artistiche: ad esempio mi è capitato di meditare sulla parabola del “Padre misericordioso” (Lc 16,11-32) mostrando l’immagine e alcuni particolari dell’eccezionale dipinto di Rembrandt su questo tema; come mi è capitato di illustrare la chiamata di Matteo (Mt 9,9-10) con il quadro di Caravaggio, anche questo opera eccezionale. L’ascolto è più attento e partecipato, la meditazione più profonda proponendo anche immagini belle e significative.

 

Verso un progetto  per l’annuncio del Vangelo attraverso l’arte


Per arrivare ad un progetto di annuncio del Vangelo attraverso l’arte è necessario arrivare alla lettura teologica e scritturistica dell’arte cristiana, stimolare da parte della Chiesa questo percorso, anche con opportuni finanziamenti, e affrontare il problema della formazione dei sacerdoti e dei religiosi, in primis, e anche dei formazione di laici, insegnanti di religione, catechisti e operatori pastorali in particolare, formazione che ad oggi risulta  carente.  Anche nel settore formativo il tema è complesso perché chi opera in questo campo necessita di nozioni fondamentali di storia dell’arte classica e cristiana e di iconologia e iconografia, unite ad una formazione biblica e teologica. Necessita anche la capacità di usare i nuovi mezzi di comunicazione, il computer e il videoproiettore almeno, spesso assenti o inutilizzati in tanti centri formativi cattolici.

Queste sono premesse indispensabili per partire, altrimenti gli strumenti educativi che possono essere proposti rimarrebbero inutilizzati.

In sintesi si tratta di riscoprire le finalità per cui è nata l’arte cristiana: narrare e meditare il Mistero di Dio.  Il fine della Chiesa, delle omelie, della catechesi e dell’annuncio del Vangelo, il fine dei gruppi di ascolto  è ascoltare e meditare la Parola. Ci sono tante opere d’arte che possono far comprendere meglio e far innamorare del Vangelo, basta farle conoscere e magari proporre anche idonee riproduzioni e spiegazioni

Le diocesi, e anche alcune parrocchie, poi si dovrebbero dotare di strumenti di lettura storico-artistica e teologica delle loro opere architettoniche ed artistiche più importanti, a vari livelli.

Un primo livello è quello divulgativo, per turisti e per gli stessi abitanti delle diocesi e delle parrocchie: potrebbe essere risolto con depliant e con pannelli nelle chiese più importanti che propongano, in maniera semplice ma completa, degli itinerari. Possono essere prodotti anche itinerari tematici per ampie zone territoriali. Un particolare interesse va riservato ai musei d’arte cristiana, che devono essere dotati di strumenti che propongano una semplice lettura anche teologica e liturgica degli oggetti esposti.

Parallelamente a questo va affrontato il tema della ricerca per i beni culturali più importanti, attraverso convegni di studi storici e storico-artistici, con pubblicazione degli atti, e monografie su opere, architettoniche o artistiche, di particolare rilievo. E’ particolarmente utile coinvolgere in questi progetti le Soprinendenze ai Beni artistici e storici e ai Beni architettonici, gli Enti locali e gruppi culturali presenti nelle varie comunità.

 

Un progetto della Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello


La diocesi dove risiedo e opero comprende l’area meridionale della provincia di Grosseto, più Piancastagnaio nel senese. Ha un territorio molto vasto di 2.177 kmq (e quasi 72.000 abitanti) e ricco dal punto di vista ambientale, che va dalle pendici dell’Amiata fino alla costa e all’Argentario, con le isole del Giglio e di Giannutri, attraversando le Valli del Fiora, dell’Albegna  con le loro colline e lambendo la Valle dell’Ombrone. E’ un territorio di antica civiltà etrusca e romana che nel medioevo ha visto l’opera degli Aldobrandeschi e di altre importanti famiglie feudali, come gli Ottieri e gli Orsini, che risiedevano nel territorio, dell’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata, delle Repubbliche di Orvieto e di Siena, che diventerà la potenza egemone nel corso del ‘200 e poi verrà sostituita dai Medici, con il Granducato di Toscana, nel 1555. Questa ricca storia ha segnato il territorio di tanti beni culturali, che si uniscono al dato naturale facendone un ambiente unico e affascinante. I centri abitati sono di medie o piccole dimensioni, con l’assenza di città grandi,  spesso sono di origine medievale, ben conservati, con  rocche e numerose chiese, ricche di opere d’arte, in prevalenza di scuola senese e spesso con i capolavori di tanti artisti importanti.

Nella capoluogo della diocesi, Pitigliano, c’è il museo diocesano all’interno di un eccezionale contenitore architettonico, il palazzo dei Conti Orsini. Il museo è stato formato, in particolare, per mettere in sicurezza importanti opere d’arte, che non potevano essere conservate nei loghi dove erano esposte, e necessita di un progetto di sistemazione complessiva.

In queste ultime settimane il Vescovo diocesano, Guglielmo Borghetti, mi ha nominato direttore del museo di palazzo Orsini, con l’intento di farne anche un centro di operatività per una utilizzazione pastorale dell’arte cristiana nella diocesi. Mi sto trovando, quindi, a progettare nel concreto quanto ho scritto in questo articolo, facendo i conti anche con le scarse risorse e con la necessità di innestare collaborazioni con le Soprintendenze e gli Enti locali e di trovare sponsor privati.

Per il museo si tratta di trovare un sapiente equilibrio fra il palazzo comitale e le opere artistiche, valorizzando il “museo nel museo”. In attesa di un progetto di risistemazione, necessita conoscere le opere esposte o in deposito, completando la loro schedatura e realizzando pannelli e didascalie che guidino il visitatore alla comprensione di queste, dal punto storico-artistico-teologico, e del palazzo, proponendo anche percorsi didattici per le scuole.

Il museo è chiamato ad essere anche di stimolo alla catechesi della diocesi e delle parrocchie: un modo per arrivare a questo può essere di proporre esposizioni temporanee collegate al programma pastorale della diocesi. Quest’anno il programma della diocesi, che si collega strettamente agli orientamenti pastorali della CEI, ha per tema la Santità e stiamo lavorando per esporre al museo, la prossima primavera, il trittico di Ambrogio Lorenzetti de La Madonna col Bambino e i santi Pietro e Paolo, conservato nella pieve di Roccalbegna. Di questa opera verrà fornita una semplice lettura storico-artistica, iconografica e teologica, attraverso pannelli e un depliant, stimolando le scuole e i gruppi del catechismo a visitare la mostra, e il museo. Il progetto di esporre un’opera significativa, o una serie di opere collegate al programma pastorale annuale, dovrebbe continuare nel tempo.

A livello divulgativo nella diocesi sono stati realizzati gli itinerari delle chiese di Piancastagnaio e di Castell’Ottieri (Sorano), con depliant e pannelli che raccontano la storia dei castelli e degli edifici sacri e spiegano questi e le opere che contengono. Nei prossimi mesi verrà realizzato, in collaborazione con la parrocchia, il Comune ed esperti locali, l’itinerario delle chiese di Santa Fiora.

Stiamo pensando anche per proporre itinerari turistici a livello provinciale, richiedendo la partecipazione delle altre diocesi e dell’Amministrazione provinciale di Grosseto, come ad esempio itinerari  per cattedrali e musei d’arte sacra, oppure per i Santi e santuari o per stili architettonici.

Potrebbero essere promossi anche strumenti per la catechesi dei bambini e degli adulti: un percorso potrebbe essere quello della simbologia dell’architettura cristiana e dei luoghi della liturgia.

A livello di approfondimento storico-artistico si sta progettando, insieme alla parrocchia, al Comune e alle associazioni culturali locali, un “progetto pilota” per Santa Fiora, partendo dall’occasione offerta dal IV centenario della fondazione del convento delle Cappuccine e del suo santuario del Santissimo Crocifisso (1612-2012), fondato dalla mistica senese Passitea Crogi: si pensa a mostre, concerti e una giornata di studi storici, oltre a pellegrinaggi e a liturgie.

Un mio “sogno” per Santa Fiora è quello di arrivare ad una ricerca storico-artistica sulle sue sette chiese, con la pubblicazione di una monografia: ricordo che la pieve delle Sante Flora e Lucilla è uno scrigno che conserva una delle più importanti raccolte di terrecotte robbiane, di Andrea e della sua scuola.

In contemporanea stiamo progettando un itinerario di formazione per catechisti, insegnanti di religione e laici impegnati, anche attraverso la Scuola teologica diocesana, itinerario che potrebbe essere così articolato:

- l’arte classica e l’arte cristiana; il simbolo come rinvio ad una realtà altra;

- la simbologia dell’architettura cristiana;

- esempi di lettura di opere d’arte e di iconografie di soggetti.

Ritengo che dovremo affrontare anche il tema del proporre immagini per i gruppi di ascolto della Parola, cercando di utilizzare opere d’arte del territorio diocesano per farle conoscere e per valorizzarle.

Non mi nascondo le difficoltà della realizzazione di un progetto per molti aspetti ambizioso, ma penso ne valga la pena per i motivi che ho cercato di proporre nell’articolo.

 

Don Carlo Prezzolini

 

(Pubblicato in Prospettiva EP, n. 2-3 2011, pp. 163-161)

 

 

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